IL CASTELLO ARAGONESE DI CALVI RISORTA

Valicato a Capua il Volturno e doppiato il bivio per Formia alla taverna Spartivento, dopo un gran rettilineo che punta laggiù verso il colle liscio e rotondo, quanto cominciano a venirvi incontro invece dell'uniforme distesa dei campi di canape i primi filari di ulivi, un segnale di svolta pericolosa e un gran ponte a saetta su un vallone scuro e profondo vi raffrenano la corsa. Par quasi di passare sul tavolato del ponte sospeso sul fossato di una fortezza. Al di là del fossato vi balzano incontro da un lato: un castello diroccato, di tufo bigio e nero con una gran gualdrappa di edera lucente abbrancata al tondo fianco d'una torre; la basilica romanica di San Casto su un colle di ulivi stroncati e scapitozzati come teste canute di vegliardi, e il vecchio edificio del vescovado, settecentesco, con scrittovi su pomposamente Pastificio San Casto tra il rombo smorzato di un mulino invece di un canto liturgico; e dall'altro lato un gran casalone delle vecchie poste borboniche, con un'osteria fumosa; stalle di rimessa; pile di sacchi, di cesti e di cofani; ringhi di cavalli e voci e alterco di barocciai.

E' l'antica Cales la città romana d'avanguardia alle porte della Campania. La via Nazionale che insiste ancora sul vecchio tronco della via Latina, la taglia in due parti: a monte, sul colle di S.Casto, l'arce; a sud il Foro, le Terme, L'Anfiteatro, il Teatro, l'abitato’. Con queste parole esordisce Amedeo Maiuri, il noto archeologo che scavò a Pompei, nel suo libro ‘Passeggiate Campane’,  raccontando il momento in cui scorge, nella sua visita a Cales negli anni ‘50, i ruderi del Castello aragonese e di altri monumenti storici della gloriosa città, offrendoci  un’immagine suggestiva e viva, quasi da cartolina, come lo vediamo ancora oggi se percorriamo la via Casilina, dalla direzione da Capua. Il Castello Aragonese si presenta oggi ancora più maestoso e fiero della sua imponenza per chi passa e non può fare a meno di ammirarlo e rimanere estasiato, dopo i restauri iniziati a partire dal 2009, che per ora hanno riguardato le strutture esterne e non sono ancora completati.

Il Castello Aragonese si ubica in Località Calvi Vecchia, nel Comune di Calvi Risorta, sul limite orientale del pianoro tufaceo, nell’area denominata arce, sul lato sud- ovest è delimitato dall’edificio detto ‘Dogana Borbonica’ e a breve distanza, affacciato sul tratto stradale di accesso all’arce, trasversale alla Casilina, dal Palazzo Vescovile settecentesco, mentre a nord si colloca la maestosa Cattedrale Romanica, che ha sostituito la precedente basilica paleocristiana di fine IV/V secolo d.C., dedicata a S. Casto patrono dell’attuale Calvi Risorta, che si ubicava presso l’attuale autostrada Roma – Napoli, in località ‘Ciavola’. L’attuale Castello aragonese è certamente  preceduto da un primo impianto di carattere militare in epoca altomedievale, il cosiddetto castrum longobardo, almeno tra il IX e l’XI secolo, testimoniato anche nella Historia Langobardorum di Erchemperto, che non è stato rintracciato nelle ricerche recenti. E’ anche possibile che originariamente era costruito in materiale deperibile, infatti,  le fonti ricordano che venne incendiato due anni dopo la costruzione, nell’879, anno in cui Landone, fratello di Atenolfo (principi longobardi della Contea di Capua), riporta la città in pristinum statum. Il sito è quasi completamente abbandonato in epoca normanna, ritorna ad avere nuova vita in epoca angioina – aragonese, assumendo funzione difensiva e di controllo alle porte settentrionali della piana campana, lungo il tracciato viario ricalcato dall’attuale SS. 7 Casilina. Le ricerche recenti hanno messo in evidenza strutture dell’abitato e strutture della cinta fortificata di epoca medievale, che cingono la città almeno a nord - ovest e nord – est, tale fase alto medievale coincide con l’abbandono della città di Cales, che diventa anche luogo di sepoltura, principalmente nell’area dell’anfiteatro e del settore del teatro – tempio, mentre lungo le vie del pianoro si scavano cave di tufo, luoghi di sepoltura e le grotte lungo le pareti adiacenti il Rio dei Lanzi si trasformano in luoghi di culto, tra le quali le note Grotte delle Fornelle e dei Santi con interessanti affreschi talvolta trafugati, e i monumenti, all’interno della città sono oggetto di spoliazione di materiali lapidei e marmorei, come il teatro che diventa con il tempo anche sede di una calcara. Dunque, tra il IV e il V secolo si crea un insediamento accentrato e arroccato sulla cosiddetta arce, difeso dalla nuova strada, che oggi è ricalcata dalla Casilina, la Via Latina non offre più sicurezza in seguito alle calamità naturali e le invasioni barbariche e dei Saraceni poi e questa sarà anche la nuova strada di collegamento con la Contea longobarda di Capua e con Napoli.

Dunque, l’attuale castello, rivela una edificazione databile nel XIII secolo, con rifacimenti e restauri intrapresi fino al XVIII secolo. Trova confronti con altri edifici simili dell’Alto Casertano realizzati nella fase di splendore del Regno di Federico II di Svevia, quali i castelli di Alvignano, di Vairano Patenora, di Mignano Montelungo e Alife, che mostrano analogie nella forma e nei materiali costruttivi con il modello principale, il Maschio Angioino di Napoli. Inoltre, le ristrutturazioni di epoca aragonese sono legate ai progressi dell’artiglieria con l’uso della polvere da sparo e delle armi a tiro radente. E’ costituito da un corpo centrale a pianta quadrata, affiancato sui quattro lati da torri cilindriche, le quali non risultano piene nella loro parte inferiore ma vuote, con varie finestrelle e feritoie dietro le quali trovavano posto i balestrieri e gli archibugieri. Il paramento murario delle torri è realizzato con blocchi di piperino scuro, lisci e regolari, disposti con cura per linee orizzontali nella parte inferiore mentre in quella superiore il paramento murario quattrocentesco è costituito di blocchetti di tufo a faccia ruvida e irregolari. Sulla parte superiore è realizzato un cammino di ronda, utilizzato per il tiro radente, che è collegato tramite due piccole porte alle due torri laterali, da dove è possibile accedere sia al primo piano del castello, sia alla sommità dei bastioni, attraverso le scale interne delle torri. Anche la parte superiore delle cortine risulta ricostruita. Le file terminali delle muraglie sono costituite dallo stesso materiale tufaceo usato nel rifacimento della cima delle torri e identica appare anche la tecnica costruttiva. Tale ristrutturazione ha interessato tutta la parte superiore del castello, probabilmente nel corso del 1400 durante la ‘congiura dei Baroni’ contro Ferrante d’Aragona. Una porta arcuata introduce al castello, ubicata ad occidente e immette in due cortili ai lati dei quali si sviluppano dei locali probabilmente adibiti ai soldati. Dal secondo cortile si può accedere al piano superiore salendo una scala situata nel primo ambiente a sinistra e si giunge al piano cosiddetto nobile, dove si trovano i saloni, gli ambienti riservati agli ospiti. E’ probabile che al di sopra di questo piano ci fosse anche una grande soffitta coperta che si estendeva lungo il perimetro delle cortine, come suppongono alcune strutture murarie sul piano superiore che potrebbero aver svolto la funzione di supporti per la copertura.

L’interno del castello è sviluppato su due livelli, serviti da un corpo di scala con ambienti disposti intorno ad un cortile centrale. In base a una stampa del XIX secolo del Pacichelli sembra che il cortile doveva essere dotato di una copertura. Fino a poco tempo fa si accedeva attraverso l’ingresso di N – O, in direzione del borgo medievale ma l’accesso originario era a S – E, dove lungo il muro di contenimento del fossato restano tracce del probabile ponte levatoio, ricostruito con i lavori di restauro recenti, che hanno messo in luce anche apprestamenti difensivi, quali argini e terrapieni e un antemurale fortificato.

Il castello aragonese è inserito in un borgo costituito da modeste abitazioni, che si sviluppa a occidente di esso,  che rivelano un uso dall’età medievale fino agli edifici di epoca rinascimentale, serviti da una rete stradale urbana. Gli scavi di anni recenti evidenziano una struttura muraria con orientamento est – ovest, in asse con il castello, si tratta di un arco centrale attraverso il quale ci si immetteva in una corte interna, intorno alla quale si sviluppava l’abitato. Il borgo è collegato alla viabilità centrale principale che conduceva al Castello. In età rinascimentale una serie di ambienti si dispongono ai lati del tracciato viario che metteva in comunicazione l’arce con la città bassa. La strada si trasforma in età post – antica in percorso pedonale funzionale all’abitato, con la realizzazione di un marciapiede ai lati delle soglie di ingresso alle abitazioni, con basoli in calcare. La vita nel borgo medievale e rinascimentale di Calvi doveva essere piena e ricca di storia, che ancora oggi per noi è poco nota, dovrebbe essere oggetto di ricerche e studi approfonditi che insieme a quella della Cales preromana e romana deve essere valorizzata e resa fruibile a tutti in un percorso storico – archeologico che comprenda un parco visitabile e un museo o mostra permanente da allestirsi all’interno di una sala del Castello stesso. Le precedenti gestioni comunali non hanno percepito la validità storico – archeologica e identitaria di Cales e della Calvi medievale e rinascimentale e settecentesca, anzi è mancato in loro un serio interesse progettuale e gestionale e la possibilità di una collaborazione e consulenza di figure di esperti specializzati del settore per costruire un parco archeologico e un museo. Soltanto con figure competenti e professionali, archeologi e storici dell’arte specializzati, restauratori, conservatori e curatori museali e altre figure qualificate, si può realmente creare un cammino progettuale consapevole e serio di parco archeologico e museo ‘che costituiscano, non soltanto una base culturale notevole, ma anche un incremento sociale ed economico per la comunità di Calvi Risorta e dei centri limitrofi’. Non lasciamo che Cales muoia nel degrado e nell’abbandono, in progetti gestionali discutibili, privi di professionalità e competenza e che il Castello Aragonese ritorni ad essere quel castello diroccato, di tufo bigio e nero, invaso da sterpaglie e vegetazione come lo ha visto il Maiuri negli anni cinquanta.

Dott. ssa Concetta Bonacci

 

 

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